Venire in Berlinale è un vero inno alla gioia: massima organizzazione, visione quotidiana di sei pellicole garantita, e la possibilità di gettare il nasino nella loro produzione interna. Esatto, il cinema tedesco, quello che molti quando lo incrociano lo confondono con quello americano per quanto ben fatto, per intenderci quello che ci ha regalato “Le vite degli altri”, “Goodbye Lenin” e “L’onda”, solo per citare alluni dei nostri amori!

Non è difficile quindi comprendere perché mi sia gettata a capofitto nella sala in cui proiettavano “Stereo” o che abbia speso una serata in un IMAX per vedere “Ich will mich nicht künstlich aufregen” (aka Asta Upset, dove Asta è la nostra protagonista). Tanto più che la sinossi prometteva davvero un’opera speciale: un manifesto politico sotto forma di featured film, una critica ai limiti e alle costrizioni al fare cultura nella moderna Berlino, ricca di opportunità ma imbrigliata nella politica, nella burocrazia, negli obsoleti concetti di destra e sinistra.

Sarah Bohn © Amerikafilm

Sarah Bohn © Amerikafilm

L’opera a cui ho assistito, vince sicuramente un premio: quello di lungometraggio più fuori dagli schemi e sontuosamente sgangherato. Film accurato nella fotografia, nella scenografia, nella scelta di volti e inquadrature (alcune delle quali potrebbero vivere di vita propria), ma dopo pochi minuti abbiamo la sensazione di assistere a una forzata ostentazione di conoscenza per timore di non essere presi sul serio come artisti.

Nello splendido cinema IMAX scorrono immagini di una Berlino poco turistica e molto di quartiere (sciccosamente alternativo), in cui Asta, il nostro Virgilio, ci rende partecipi della sua quotidiana battaglia per allestire l’esposizione di “The Cinema! The Art”. Complice la luce diffusa e il suo principesco portamento, Asta appare ancora più eterea e algida, confinando solo ad alcune parentesi la sua umanità e una complicità con gli altri individui che transitano nel video. Lei stessa è personificazione degli umani limiti e difetti, mentre gli altri sono esemplificazione di qualcosa che non va.

Non contento il regista Max Linz, farcisce le esternazioni (c’è una costante alternanza tra dialoghi e monologhi, o meglio, declamazioni) di fastidiose citazioni colte, spesso prese da Brecht ma non solo, che sono state uno dei punti di discussione durante l’incontro col pubblico avvenuto al termine. Perché di fermento tutto teutonico ce n’è stato! Quando, infatti, eravamo oramai disarmati e rassegnati al fatto di essere inciampati in una di quelle differenze culturali tanto rare quanto inevitabili, tutto ha assunto una forma diversa e più comprensibile (anche se non del tutto condivisibile), grazie alle domande dei presenti.

Sarah Bohn © Amerikafilm

Sarah Bohn © Amerikafilm

L’autore è giovane, questo progetto nasce nelle aule scolastiche e ha dovuto superare numerose difficoltà (trovare un budget, garanzie di produzione, autorizzazioni e approvazioni dell’ufficio preposto), ma alla fine è riuscito a preservare la sua integrità e la libertà di mandare messaggio politico. Per esperienza sappiamo che questo genere di manifesti sono trainati dal fervore dei 20 anni, quindi probabilmente col tempo si tempereranno e personalmente lo auguro a Linz, perché oggi ha quel non so che tipico di chi vorrebbe cambiare il mondo ma non lo farà mai. Tanto più che il figliuolo potrebbe esser prodigo.

“Ich will mich nicht künstlich aufregen”/ “Asta Upset” ha un regista con un gran occhio, che ha fantasia e che ci offre inquadrature notevoli. Una volta toltosi il mantello da super-uomo, potrebbe quindi essere uno di quei talenti da monitorare :)
Voto: impossibile. Troppo OUT anche se gli fa onore l’animato Q&A che ne è seguito.

Vissia Menza