Il primo documentario animato che riesca a ricordare – e probabilmente l’unico in circolazione – è “Is the man who is tall happy?”. L’opera, appena presentata nella sezione Panorama Dokumente della 64° Berlinale, è diretta dal regista Michel Gondry, personaggio noto per essere la personificazione dei concetti di bizzarria ed ecletticità, uomo sempre alla ricerca di nuove esperienze visive. E per il pubblico del Festival, questo filmato ė stato una sfida per più motivi.

“Is the man who is tall happy?” esplora una persona carismatica e unica, un moderno pensatore, come Noam Chomsky: per alcuni un brillante filosofo, per altri un anarchico, per tutti il professore emerito del MIT, la prestigiosa università americana del Massachusetts. Chomsky è il fondatore della grammatica generativo-tradizionale, ossia quella concezione secondo cui il linguaggio naturale (non quello parlato) sarebbe il vero elemento distintivo tra l’uomo dagli altri esseri viventi. E, nonostante il signore abbia superato gli 80 (anni) è riuscito a mettere più volte in difficoltà il suo interlocutore.

© Partizan Films

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Con quest’opera, Gondry vince una sfida lanciata a se stesso durante una intervista rilasciata oramai una decade fa: realizza un documentario per lo più animato!  Ciò ha dell’incredibile, in quanto viene meno uno dei pilastri del genere: mancano le immagini-verità girate senza un copione in mano. Il filmato mantiene, infatti, le conversazioni ma a esse affianca disegni e scritti che ci illustrano il pensiero elaborato sino a oggi dal Professore.

Nonostante proprio l’animazione, supportata dalla musica e da video, renda tutto più comprensibile, un pubblico sprovvisto di laurea in linguistica potrebbe trovare questo filmato pesante, a causa dell’argomento e della durata (ben 89 minuti), davvero lunghetta per un non-fictional film. La nota dolente risiede, quindi, non nella fantasiosa esposizione bensì nel tanto interessante quanto impegnativo (e a tratti intricato) pensiero di Chomsky che, a più riprese, si sovrappone a fraintendimenti linguistici tra intervistato e intervistatore (ulteriore fatica per l’audience).

© Partizan Films

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Ammaliati dall’efficacia del metodo utilizzato da Gondry per spiegare la linguistica (che ci auguriamo sproni anche altri a prenderlo in prestito quando costretti a esporre concetti tanto interessanti quanto non alla portata dei più) e colpiti dalla sua conoscenza di scienza e filosofia (che gli ha permesso di interagire e controbattere con cognizione di causa durante gli incontri), qualora aveste l’occasione di vedere “Is the man who is tall happy?”, dategli una chance.

Il documento, infatti, è particolarmente indicato per i seguaci di Chomsky; per chi vuole comprendere e conoscere un po’ di più dell’uomo dietro il personaggio pubblico (per esempio, nella prima parte si scoprono diversi ricordi d’infanzia, come quello delle zie che volevano fargli piacere a tutti costi l’avena, si menziona la sua ribellione, ed emerge l’amore per Newton); per i sognatori; per gli irrefrenabili amanti delle stravaganze di Gondry, e per quelli come noi, gli eterni curiosi.

Vissia Menza