C’era una volta il XX° secolo e allora esisteva un paese chiamato Stati Uniti unito solo sulla cartina geografica e politicamente dalla imponente figura di un Presidente, mentre al suo interno esisteva una grande disuguaglianza (tra stati del Nord e del Sud) e il problema più grande era il fatto di avere una popolazione equamente distribuita, che avesse la pigmentazione cutanea non omogenea. Insomma, parliamo dell’annoso problema delle discriminazioni raziali non in qualche paese del c.d. Terzo Mondo, bensì all’interno di una delle più importanti super-potenze mondiali, gli Stati Uniti, appunto!
Oggi andiamo niente meno che alla Casa Bianca, per seguire la quotidianità di un maggiordomo molto speciale, di un uomo che da una piantagione del Sud è arrivato sino a Washington D.C., dove ha trascorso il resto della sua longeva vita vedendo sfilare, da un insolito punto di vista, i Presidenti che hanno segnato la moderna storia americana (e mondiale).
Cecil Gaines è un bambino quando, nella piantagione di cotone, dove è nato, assiste all’abuso della madre e all’omicidio a sangue freddo del padre. Quel trauma però si trasforma nel motivo per cui entra a servizio nella villa dove impara un’arte che gli permetterà di condurre un’esistenza fuori dal comune. Elegante quanto un Lord inglese, discreto come il miglior ambasciatore, preciso e attento in barba all’età e nonostante le pretese dei suoi ospiti, Cecil ha vissuto la politica degli anni caldi fatti di manifestazioni, di omicidi politici, del Watergate, sino all’elezione primo presidente afro-mericano, da una prospettiva differente, da dietro le quinte. E così, pure lui ha, in silenzio, suo malgrado e inconsapevolmente, contribuito non poco alle conquiste ottenute in quegli anni.
Storia che prende spunto da un articolo di giornale apparso nel 2008 sul Washington Post (“A butler well served by this election” di Wil Haygood) durante le presidenziali di Barack Obama, portata ora sullo schermo dal regista Lee Daniels, con il supporto di una vera e propria parata di stelle: protagonisti sono Forest Whitaker e Oprah Winfrey, i quali sono affiancati da pluripremiati attori e cantanti, che si trasformano nei volti che hanno segnato il 1900.
Un gran gruppo di frequentatori dell’Accademy, una storia vera e la possibilità di ripercorrere un secolo attraverso il racconto di qualcuno che l’ha vissuto, sono elementi sufficienti a ottenere un film epico. “The Butler” avrebbe potuto quindi essere un modo diverso di narrare gli eventi, o anche solo un insolito ripasso, ma tutti questi pregi non sono stati sufficienti a istaurare un legame forte con il pubblico.
La trama inizialmente incuriosisce, la bravura di tutti non viene mai messa in dubbio, ma il taglio è molto da sceneggiato per la televisione. Il target scelto sembra essere quello dell’agiata signora in età (il che esclude molti fruitori dei cinema) e l’introspezione è ai minimi sindacali, il che non incontra il plauso dei cinefili incalliti. Tutto ciò aggiunto al fatto che nell’immediato dopoguerra i problemi nel Mare Nostrum erano differenti, fa si che l’opera si tramuti in un video-riassunto di una lezione di storia, un film all’acqua di rose, ben confezionato, per utenti poco esigenti e molto distratti.
Voto: sufficiente, quale riconoscimento al buon soggetto, al cast e alla fatica di tutti.
Ennio Flaiano amava ricordare che “Il cinema è l’unica forma d’arte nella quale le opere si muovono e lo spettatore rimane immobile.”, ed è Vissia ad accompagnarci con passione e sensibilità nelle mille sfaccettature di un’arte in movimento. Ma non solo. Una guida tout court, competente e preparata, amante della bellezza, che scrive con il cuore e trasforma le emozioni in parole. Dal cinema alla pittura, con un occhio vigile per il teatro e la letteratura, V. ci costringe, piacevolmente, a correre per ammirare un’ottima pellicola o una mostra imperdibile, uno spettacolo brillante o un buon libro. Lasciarsi trasportare nelle sue recensioni è davvero facile, perdersi una proiezione da lei consigliata dovrebbe essere proibito dal codice penale. Se qualcuno le chiede: ma tu da che parte stai? La sua risposta è una sola: “io sto con Spok, adoro l’Enterprise e sono fan di Star Trek”