Immaginate di essere in una cucina, di quelle immacolate, ben organizzate, avvolte da una luce calda, guarnite di utensili professionali pronti a essere usati; la sensazione è quella di trovarvi in uno spazio fuori dal tempo, ora indossate un grembiule e… chiudete gli occhi. Potete sentire il profumo del burro mischiato allo zucchero mentre siete intenti a preparare la base per una torta? Allora passiamo alla mousse, soffice e cremosa, dal sapore di latte come si faceva una volta e per finire eccola, lei, la caldissima, densissima, amarissima colata di cioccolato fondente che diffonde il suo aroma in tutta la stanza. Non vi viene voglia di allungare le mani nel vuoto per assaggiarla?

Qualche giorno fa, alla vista di simili fotogrammi, l’istinto di tendere il dito verso lo schermo io l’ho avuto, eccome! E, mentre la mia dispettosa memoria ha iniziato a far sfilare tutti i miei piatti preferiti, conclusi i succulenti e poetici titoli di testa de “Il Pasticciere”, la storia ha preso tutta un’altra piega, poco zuccherina e molto drammatica.

Il secondo lungometraggio di Luigi Sardiello (lo sceneggiatore del bel “La stanza delle farfalle” di Zarantonello), è davvero la storia di un pasticciere di nome Achille (Antonio Catania). Dal laboratorio del meticoloso maestro dei dolci, uomo tranquillo e solitario la cui esistenza è scandita dalla “vita” delle sue creazioni, sfrecciamo in pochi fotogrammi verso il confine a causa di morti ammazzati e morti per caso, morti sognate e morti cercate. Avete capito bene, questa non è una pellicola culinaria come le prime inquadrature ci avevano lasciato supporre, bensì un noir transfrontaliero trainato dalla passione per il cibo, anzi per i dessert.

Protagonisti di questa ricerca della salvezza dolce e amara, accanto ad Achille – che si ritrova in poche ore in un luogo che non conosce, a portare a termine, sotto mentite spoglie, una truffa non architettata da lui, che tuttavia gli permetterebbe di realizzare i suoi sogni – sono una manciata di personaggi: una conturbante e ambigua femme fatale di nome Angela (Rosaria Russo), compagna del boss del luogo, il misterioso “avvocato” italiano che tutto vede e tutto decide (Ennio Fantastichini), e il commissario della polizia locale (Sara D’Amario).

I personaggi tipici del noir di altri tempi ci sono tutti, l’ambientazione ai limiti del surreale pure, e la leggera spolverata ironica non manca, ciò nonostante l’opera non sboccia, non riesce ad andare oltre la superficie e non ci permette di scoprire se la bella confezione celasse un piccolo gioiello o meno. La ricerca di una soluzione del caso non ci strega, anzi percepiamo la lentezza con cui scorrono le immagini, la prevedibilità del disastro che sta per accadere e a tratti fatichiamo non poco a rimanere vigili.

L’idea potenzialmente esplosiva, nonostante il nostro tifo e le nostre speranze, non brilla mai col risultato che tutto si spegne ancor prima di entrare nel vivo. Nessuna intrusione nell’ego del pasticciere pasticcione, nessuna immedesimazione col dramma esistenziale del protagonista, e non emerge neppure una sfumatura rosa, col risultato che l’opera si lascia vedere senza turbare o provocare gli animi. Purtroppo, però, così facendo, il rischio di passare inosservati è sempre in agguato.

IL PASTICCIERE, un film di Luigi Sardiello_Trailer 90 ITALIA