Oggi ci dedichiamo alla gravità, all’ancoraggio fisico e mentale necessario per vivere, perché ad essa è stato dedicato un film che si è rivelato una grande prova di regia e di recitazione, un’opera moderna che non dimentica di citare il passato: oggi parliamo di “Gravity”. Una pellicola che sarà anche un’americanata che sbrodola riscatto, voglia di vincere, e altri principi tanto cari oltre oceano ma che, nonostante una sceneggiatura che a tratti si perde, è vincente grazie alle sue superlative inquadrature, alle note su cui fluttuano gli attori e alla sua protagonista, che da sola affronta questa sfida.
Ma partiamo da Alfonso Cuarón, parliamo del regista che ci tiene sette lunghi anni col fiato sospeso, che crea molta attesa attorno al suo nuovo lavoro, monta/smonta/promette/cambia idea e infine decide: il suo film diviene l’opera d’apertura della mostra del cinema di Venezia prima di sbarcare al Toronto International Film Festival (TIFF). È il pubblico del TIFF, infatti, il vero esame per Cuarón e lui lo sa: se qui una pellicola non funziona, allora è meglio correre ai ripari. E la prova è stata brillantemente superata, anzi è stata un trionfo, un successo di affluenza, e nonostante una quantità di passaggi spropositata le file non hanno mai accennato a diminuire, vero segnale che al box office sbancherà, soddisfando le aspettative di tutti, produttori e spettatori.
Il punto di forza di quest’opera è che mette d’accordo gli amanti di differenti generi (sci-fi, thriller, dramma, etc.) grazie al suo essere claustrofobica quanto un magistrale horror ed incalzante come il migliore action-thriller. La pellicola ti aggancia e ti molla solo all’ultimo fotogramma: un turbinio di eventi si susseguono senza mai permetterti di prendere fiato, trucco che ben sanno sfruttare dall’altra parte del globo per concedersi qualche leggerezza nello script, intanto chi volete che se ne accorga, sono tutti stravolti da un ritmo estenuante!
Il nostro racconto si svolge nel più grande luogo aperto, in quello spazio così immenso da toglierti la sensazione di libertà per lasciare posto al panico. Prendiamo il volo e andiamo nello sconfinato vuoto – accentuato da un 3D mai eccessivo, morbido e ben calibrato per proiettarci dentro lo schermo così da non percepirne più i margini – e ci sentiamo mancare la terra sotto i piedi al fianco della signora Bullock.
L’eroina è, infatti, la dottoressa Ryan Stone (Sandra Bullock) animata dal duplice riscatto di essere arrivata nello spazio e di voler continuare a vivere. Questa è, a ben vedere, una poetica storia di sopravvivenza che di fantascientifico non ha nulla: la protagonista è su una stazione spaziale a svolgere il suo mestiere e il giorno in cui ha un incidente, deve trovare il modo di cavarsela, fine. Quindi, se il luogo in cui gli eventi si svolgono non fosse stato riconoscibile, l’avremmo definito un survivor movie, non uno sci-fi.
Kubrick e il suo avveniristico e inimitabile “2001 Odissea nello Spazio” sono oggettivamente presenti, in alcune scene si ha quasi la sensazione che stia facendo da suggeritore alla protagonista o che tenga la mano a Cuarón e non so dire se ciò sia un voluto inchino al Maestro oppure, all’opposto, sia una sfida nei confronti del padre di tutti i drammi spaziali. So invece che, ciò nonostante, la forza del film non viene meno.
“Gravity” è inaffondabile malgrado le sue imprecisioni, i nostri dissensi o le differenti vedute. Quando la gente accelera il respiro, sobbalza, soffre e rimane incantata dalle immagini significa solo che dobbiamo smettere di cercare il pelo nell’uovo e inchinarci di fronte al vincitore. Voto: 7+ con alta probabilità di nomination all’Oscar di regista e protagonista.
Ennio Flaiano amava ricordare che “Il cinema è l’unica forma d’arte nella quale le opere si muovono e lo spettatore rimane immobile.”, ed è Vissia ad accompagnarci con passione e sensibilità nelle mille sfaccettature di un’arte in movimento. Ma non solo. Una guida tout court, competente e preparata, amante della bellezza, che scrive con il cuore e trasforma le emozioni in parole. Dal cinema alla pittura, con un occhio vigile per il teatro e la letteratura, V. ci costringe, piacevolmente, a correre per ammirare un’ottima pellicola o una mostra imperdibile, uno spettacolo brillante o un buon libro. Lasciarsi trasportare nelle sue recensioni è davvero facile, perdersi una proiezione da lei consigliata dovrebbe essere proibito dal codice penale. Se qualcuno le chiede: ma tu da che parte stai? La sua risposta è una sola: “io sto con Spok, adoro l’Enterprise e sono fan di Star Trek”