François Ozon apre l’edizione 2013 del concorso internazionale del Festival di Cannes con il suo nuovo lavoro, “Jeune et Jolie” che vediamo alla sua prima al TIFF. Un film che ci porta in una famiglia borghese, ci presenta una bellissima e acerba ragazza di nome Isabelle (interpretata dalla modella Marine Vacth) e ci fa trascorrere l’estate con loro. Il profumo del mare, la calda luce estiva tipica della riviera e soprattutto i ricordi della nostra adolescenza sono ovunque, ci circondano sino a farci dimenticare di essere dentro ad un cinema. Tutto ha un’aura magica e poetica fino al momento in cui torniamo a casa per l’inizio della scuola.

Si sa, il fascino degli amori giovanili rimane tutto sul bagnasciuga in attesa di essere spazzato via dalla prossima onda, la protagonista è una studentessa come tante altre e non pare una sbandata, quindi quando in pochi minuti ci ritroviamo all’interno di una stanza di albergo faccia a faccia con una realtà fatta di prostituzione esercitata non per necessità di fare cassa o per ribellione, ma per semplice noia, rimaniamo tramortiti. Che l’idillio sia già finito? Assisteremo ora a squallore, violenza e desolazione? Il timore che accompagna queste domande viene abilmente fugato dal regista con poche e accurate inquadrature.

Prendendoci in contropiede, il nuovo lavoro del regista ha un peso e un ritmo molto differente dal precedente ”Dans la Maison”. Il teatro qui è solo quello della vita che talvolta, senza bisogno di presupposti più o meno traumatici, ci riserva tiri mancini di non poco conto. Ma Ozon abilmente mantiene le distanze dalla tentazione di creare una pellicola che brutalizzi il suo pubblico, che gli imponga immagini forti e inutilmente provocatorie, e al contrario sceglie la via che sposa il nostro gusto: narra una storia comune (e più reale di quanto si creda) con dolcezza, grazia e senza mai giudicare, soprattutto non si avvita attorno alla mercificazione di un corpo, bensì esplora proprio quel corpo, quella fanciulla, quell’anima inquieta.

E così, nonostante l’argomento e nonostante una trama che preveda segreti, bugie e scoperte, l’autore non ci dice mai cosa dobbiamo vedere, credere e dedurre, al contrario, ci concede persino il lusso (qualora volessimo) di relegare la storia a un racconto per immagini che non dobbiamo portarci a casa una volta finito lo spettacolo.

Grazie al supporto di una fotografia attenta, fatta d’inquadrature che da sole paiono scatti degni di una mostra, stiamo al fianco di Isabelle, la osserviamo in silenzio, riflettiamo e cerchiamo di capire come sia il suo mondo e cosa stia pensando. Il cambiamento, l’ambiguità, l’enigmaticità di quel difficile passaggio tra l’infanzia e l’età adulta che è l’adolescenza (e che nessuno – potendo – vorrebbe rivivere), la sete di vita e di esplorazione, l’energia che sprizza senza che comprendiamo il motivo sono i cardini di una pellicola intelligente, delicata e affascinante. Da non perdere!