A Venezia 70 tutti lo attendevano e non si è visto, a Toronto invece ha aperto le danze. Fughiamo ogni dubbio, mi sto riferendo a “The Fifth Estate”, film in anteprima qui all’edizione 2013 del TIFF, di cui si è sentito tutto e il contrario di tutto, ma che è – e rimane – una fiction che ruota attorno ad una persona le cui decisioni hanno lasciato un segno nella storia recente, e un caso che, nonostante non sia più in prima pagina, di fatto non si è ancora definitivamente concluso.

Julian Assange, soprattutto in Europa, ha tenuto banco per diversi mesi: lui e la sua Wikileaks hanno sfruttato la rete come nessuno prima, hanno realizzato ciò che – forse – in molti avrebbero voluto fare ma non sono mai riusciti a mettere in atto, sfruttando il cyberspazio come sino ad allora avevamo visto solo nei film. Una storia che ogni giorno diveniva più scottante, che si arricchiva di capi d’accusa che spaziavano dallo spionaggio agli abusi sessuali, e che ancora oggi ha tante zone d’ombra. Ogni persona è legittimata a farsi la propria idea, internet pullula di notizie di ogni genere, vere, false, dubbie, quindi è normale che il film faccia già parlare di sé.

Il regista Bill Condon punta su due bravissimi attori come Benedict Cumberbatch e Daniel Bruhl, a cui affida i ruoli di Julian Assange (a Cumberbatch) e Bruhl quello dell’autore del libro “Inside Wikileaks”, Daniel Domscheit-Berg, per il successo della sua opera che si focalizza sulla nascita di Wikileaks e sugli effetti della divulgazione di documenti che hanno scosso il mondo pochi anni fa.

Assange, oggi rifugiato politico nell’ambasciata londinese dell’Ecuador, ha preso le distanze dalla pellicola dopo aver letto una versione della sceneggiatura, dichiarando di ravvedere una vena tendenziosa contro Wikileaks. In conferenza stampa invece avvertiamo il contrario: lungi da voler fare propaganda, da volersi sostituire agli organi d’informazione, questo vuole essere un film e il regista ci racconta di come gli stessi ideatori e i finanziatori l’abbiano più volte spronato a cavalcare l’onda dell’ambiguità e lasciare che ogni persona pensasse con la propria testa, senza mai proporre un pensiero, una via da percorrere.

Dove sia la verità non so dirlo e non sono io a doverlo ipotizzare, per quanto mi riguarda, ero curiosa di vedere il film, ma sono arrivata tardi. Per fortuna, leggo che con l’avvento dell’autunno l’opera dovrebbe approdare anche nelle nostre sale. Il motivo di tanta eccitazione non è la ricerca di nuove interpretazioni di una storia sentita molte volte (forse anche troppe), bensì di vedere come siano riusciti a rendere i personaggi i due attori e verificare quali sensazioni provochi ad una persona con la mia sensibilità un film che si presenta come un connubio di dramma e thriller.