Il regista Coreano Hong Sang-soo ha appena ricevuto il PARDO per la MIGLIORE REGIA al 66° Festival del Film di Locarno, ecco la nostra recensione del film scritta il giorno della sua prima proiezione.

© Festival del film Locarno

Hong Sang-soo arriva a Locarno presentando la sua ultima fatica a un pubblico di addetti ai lavori provato dal giorno precedente. Tutti affaticati sia dal clima sia dal numero di pellicole che si stanno sommando nelle nostre menti e già poco inclini al perdono dati i lavori non del tutto convincenti che si sono incrociati in queste prime ore di Festival (ma ancora molto deve accadere, quindi nulla ė perduto…), non accogliamo con entusiasmo i problemi tecnici ad inizio proiezione.

“Our Sunhi” arriva ad un anno di distanza da “In Another Country” e i caratteri distintivi del regista sono tutti presenti all’appello: una sottile e garbata ironia, grazie al cielo mai becera; una luminosità diffusa in grado di spazzare via la tristezza anche nello spettatore più inquieto; e personaggi al limite del grottesco che annoverano uomini inclini a perdere la testa (e la dignità) per una bella donna con la complicità di qualche bicchiere di troppo.

© Festival del film Locarno

Oggi la protagonista ė Sunhi (Jung Yumi, presente anche nel cast di “In Another Country”), una giovane studentessa che vorrebbe sbarcare il lunario nel mondo della celluloide continuando gli studi negli Stati Uniti, e i tre esemplari di maschio sono un ex-professore della scuola di cinema, l’ex-fidanzato e un regista. Il variegato trio interagirà per tutto il tempo singolarmente con la giovane dispensando consigli e corteggiandola tra un bicchiere ed una sigaretta.

Stupiscono, infatti, i litri di alcool che vengono ingeriti, l’ingenuità dei tre uomini nonostante le loro differenze e la naturalezza della donna nel ottenere ciò di cui aveva bisogno senza “compromettere la sua virtù” (avrebbe detto mia nonna). Ma nonostante tutto, questa curiosa storia non riesce a rapirmi totalmente. Di nuovo, come accadde con il precedente lavoro del regista, noto soprattutto i silenzi, la staticità, la ripetitività e l’ironia che non riesce però a farmi staccare dalla realtà.

© Festival del film Locarno

Focalizzando sulle conseguenze dell’insicurezze negli esseri umani, sugli effetti della determinazione dei giovani nell’ottenere ciò che vogliono e sul potere della parola, il quadro che emerge alla fine ė quello di un gruppo di uomini realizzati lavorativamente (forse), ma dall’emotività disastrosa (sicuramente) e soprattutto goffi nel conquistare una donna. La figura femminile per contro viene proposta come una Venere: forte ma non aggressiva e da ammirare senza poter pretendere nulla da lei.

Come già avvertito in “In Another Country” presentato a Cannes 2012 (di cui parleremo tra pochi giorni in occasione della sua uscita italiana) anche qui ho percepito la distanza che separa me dal paese natio di Hong Sang-soo: di nuovo un film delicato sino all’eccesso, di nuovo una pellicola carica di simboli e attenzioni e di nuovo qualcosa di adatto soprattutto al pubblico dei festival, ma poco idoneo a gremire una sala cinematografica cittadina.

© Festival del film Locarno