Il regista Albert Serra ha da pochi minuti ritirato il premio più ambito del Festival del Film di Locarno: il suo film ha vinto il PARDO D’ORO! Di seguito il nostro pensiero scritto sull’onda dell’emozione dopo la prima proiezione della pellicola.

Per quale motivo dovrei spendere 148 minuti della mia vita a guardare uno schermo, in una sala dalla temperatura simile a una cella frigorifera, osservando un susseguirsi di immagini noiose, con dialoghi da suicidio e con una trama pressoché inesistente? Semplice, perché sono difronte a uno dei film che concorre per il premio più ambito diretto da un regista su cui in molti sono pronti a scommettere a scatola chiusa!

Il problema ė che “Historia de la meva mort” non ha alcuna speranza… per lo meno di incontrare il mio gusto e sta sgretolando tutta la riserva di quotidiano buon umore! Troppo tranchant? Ok, ripartiamo.

© Festival del film Locarno

Entriamo in sala e siamo accolti da inquadrature di convivio a lume di candela, ogni immagine ė calcolata, ogni movimento ė calibrato, scenografia e fotografia sono accuratissime e i protagonisti portano con apparente disinvoltura i costumi che sono stati loro dati. Individuiamo subito il protagonista, un signore ricco, di cultura, un vero casanova anzi… caspita ė proprio Casanova!

L’uomo ci porta nella sua villa, lo seguiamo nella quotidiana noia, ascoltiamo i suoi racconti, condivide con il servitore (e con noi) la sue passioni (donne e letteratura) sino a farci sentire nella stanza a fianco del suo nuovo aiutante, lo osserviamo e piano piano… ci innervosiamo. Esatto, questo Casanova ė pieno di sé, ė saccente e poi mangia, anzi rumina, tutto il tempo! Sorge quasi il dubbio che l’attore si meriti un indennizzo extra per il personal trainer di cui avrà bisogno per rientrare nei pantaloni di sempre a fine riprese.

© Festival del film Locarno

Tornando all’opera di Albert Serra, con lo scorrere del tempo compromette del tutto nostri nervi: il protagonista si ripete, è antipatico, la sua igiene personale non ci interessa ma ci viene imposta e quando la noia fa il suo ingresso grazie al cielo il nostro uomo infine fa qualcosa che non sia smandibolare o fare lo splendido: s’imbarca in un nuovo (e ultimo) viaggio che sarà una vera avventura.

Il punto però ė che siamo prossimi al giro di boa, a quel climax che segna la discesa verso il finale, ma il film ė ancora lungo e la cura maniacale per i dettagli non ė sufficiente a sedare la nostra impazienza. Sorge pure il sospetto che il regista si senta unto dal Divino e stia facendo un po’ quel che vuole perché qualcuno ė riuscito a convincerlo di essere geniale, un vero artista, un uomo arrivato, che quindi possa permettersi di prendere per i fondelli il pubblico. E a me, questa cosa fa infuriare: non sei un genio perché sei una primadonna, egocentrica, maniaca del controllo e della precisione, ma perché hai un qualcosa di spontaneamente unico e differente dagli altri!

© Festival del film Locarno

Serra non ė una voce fuori dal coro, ė solo bravo a girare, a ricreare ambienti e a ricostruire altre epoche, notevolmente fantasioso nelle scelte e grandioso a creare un’aura magica intorno alla propria persona e alle sue opere. A quelli che contano piace, a noi del volgo per nulla!