Grande attesa per “Les Salauds”, film di Claire Denis che ha richiamato qualche giorno fa nella Salle Debussy molti colleghi, cinefili, francesi e –conseguentemente – anche molti curiosi. I motivi sono più d’uno, sicuramente il fatto che la regista giocasse in casa, che la sua nuova fatica vantasse un cast notevole (peraltro presente al completo) che unisce giovani promesse, attori affermati e talenti nostrani, e soprattutto il titolo stesso. Esatto, questa parola francese che a molti di noi non dice nulla, ai locali da invece quasi fastidio: tradotta in bastards, una signora mi ha spiegato che è un modo colloquiale, pesante e piuttosto offensivo per indicare quelle persone che anche noi definiamo “bastarde”, appunto.

Ma chi sono questi personaggi così fastidiosi da meritare una definizione tanto spietata? Di fatto, la regista ci mostra un campionario di umanità tanto danarosa, quanto corrotta negli affari, nei modi, nell’animo. Sfilano difronte ai nostri occhi immagini (talvolta) forti che ritraggono creature che, nonostante l’agio e/o le possibilità di non condurre un’esistenza misera, hanno perso in partenza, siano giovani, quarantenni o prossime alla terza età.

© Festival de Cannes

I protagonisti sono una manciata di persone legate dal rapporto di vicinato: una donna mantenuta da un uomo d’affari molto più anziano di lei; un figlio usato come arma del contendere; e l’inquilino del piano di sopra, Marco, capitano di una nave mercantile, quarantenne scapolo, rientrato a Parigi per “salvare” la sorella e soprattutto per ritrovare la nipote. Alla fine, tutti perderanno qualcosa d’importante, di sicuro la loro dignità vacillerà e rimarranno soli con la propria miseria, incapaci di migliorare e vivere un’esistenza soddisfacente.

In sala l’attenzione è rimasta ai vertici sino all’ultimo (stomachevole) fotogramma, a cui sono seguiti applausi, tentativi di standing ovation e vari segni di approvazione incondizionata, cosa che ha lasciato la sottoscritta pensierosa. A voler essere obiettivi, il girato è provocatorio, purtroppo talvolta oltre il necessario, e i personaggi sono efficacemente fastidiosi, ma la recitazione, soprattutto della componente femminile del cast, non mi ha positivamente impressionata. Quindi, la Denis è sicuramente riuscita a colpire lo spettatore e a far parlare del suo film, onore al merito.

© Festival de Cannes

Il mio giudizio, però, rimane negativo, perché non interpreto come poesia la povertà di dialoghi e perché sono contraria alla sovrabbondanza di violenza per immagini, ciò significherebbe che l’unico modo oramai rimasto per catturare l’attenzione del proprio interlocutore (e per ottenere le luci della ribalta) sia un linguaggio provocatorio e violento. Bocciato!