©Festival de Cannes

Vera sorpresa di Cannes 2013, vera ventata di freschezza in una mattinata iniziata all’insegna della depressione e della follia con il nuovo lavoro di Refn (Qui la recensione), vera prova di recitazione che ci ha messi tutti di buon umore. “Behind the Candelabra”, in concorso qui a Cannes, secondo i pronostici, non è tra i film più gettonati per salire sul podio e nessuno si attendeva una tale prova di bravura da parte del suo protagonista, un più che mai convincente Michael Douglas in forma come non lo vedevamo da molto tempo.

Il film, diretto da Steven Soderbergh che, a pochi mesi dalla Berlinale, propone una nuova opera in un Festival Internazionale di grido (coraggiosamente porta sulla Croisette una pellicola fatta per HBO), prende tutti in contropiede vincendo la sua scommessa. Perché di risate e applausi tanto roboanti a questa edizione del Festival non ne abbiamo sentiti molti e soprattutto in questo caso erano davvero meritati: Mr. Douglas è strepitoso ed è impossibile non adorarlo con le sue stravaganti acconciature e con tutti quei mantelli tanto sfavillanti da indurci ad indossare gli occhiali da sole per il riverbero ☺

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Un po’ bioptic, questo film è dedicato al famoso pianista e showman Wadziu Valentino Liberace (riuscito a entrare addirittura nel Guinnes dei primati!) che morì a quasi settantenne di AIDS. Ma l’opera non ruota attorno alla sua malattia, bensì ai sei anni d’intensa e travagliata relazione avuti con il giovanissimo Scott Thornson (Matt Damon). Assistiamo al loro primo incontro, alla follia dell’innamoramento e della convivenza sino all’autodistruzione dovuta alla competizione di talento contro età. Esatto, la vanità da una parte e il talento dall’altra, due caratteristiche che si trovano spesso a competere tra loro: Liberace, infatti, forte della sua fama e del suo denaro riusciva a sentirsi e apparire sempre il più giovane e migliore mettendo in difficoltà l’ego di chi gli stava vicino.

Nonostante fosse destinato al piccolo schermo – a causa, leggiamo, dell’argomento considerato “troppo gay”, l’accuratezza della scenografia, la performance del protagonista e la fotografia ci fanno presto dimenticare questo futile e ininfluente dettaglio. Non sappiamo se la giuria gli riserverà a sorpresa un premio, so però che il pubblico in sala era in estasi: rapito dai costumi e dalle canzoni, incuriosito dalla relazione e totalmente ammaliato da Michael Douglas.

©Festival de Cannes

Ironicamente è proprio l’aggancio con la realtà e il poter vedere una possibile versione dei fatti con attori di grido ciò che rende l’opera vincente. Liberace, infatti, è stata un’icona del suo tempo, un enfant prodige divenuto una superstar stra-pagata e stra-amata, ciò nonostante per tutta la sua vita ha negato in pubblico la sua omosessualità. Di passi avanti la società, tutto sommato, ne ha fatti molti così, per una volta, una storia dal triste epilogo è una vera iniezione di positività, bravo!