Damasco, 2011. Molti avvenimenti tragici stanno avvenendo nel mondo arabo, ma Walid, studente e taxista part-time, e Suhair, la sua fidanzata, sono molto innamorati, hanno altro a cui pensare. Non essendo sposati l’unico posto dove i due giovani possono almeno baciarsi in pace è in auto, in strade poco frequentate. Un giorno Suhair dice a Walid che la sua amica Sulmaze, che vive a Teheran, l’ha invitata per qualche giorno. Gli propone così di andarla a trovare insieme, in treno: in tal modo lei e il fidanzato potranno trascorrere del tempo lontano da famiglie impiccione e amici curiosi.
Sarà un lungo viaggio: quello che richiederebbe un paio d’ore in aereo dura infatti quasi 3 giorni con l’antica ferrovia ottomana, quella dei romanzi di Agatha Christie. Attraversano paesaggi mozzafiato, prima verso nord da Damasco ad Aleppo, poi a est in Turchia fino al lago di Van, in traghetto attraverso il lago e finalmente ancora in treno verso sud, attraverso l’Iran fino a Teheran. Sperano di riuscire a godere di momenti di intimità impensabili a casa, ma sin dall’inizio del viaggio si devono scontrare con la realtà: impossibile avere una cabina doppia senza certificato di matrimonio, dovranno arrangiarsi nelle 2 minuscole singole. Ma non sarà certo la porta comunicante pudicamente sbarrata a frenarne l’entusiasmo e la passione.
Prima ancora di salire sul traghetto che li porterà al confine con l’Iran Suhair deve comprarsi un velo, portarlo è obbligatorio; e le loro valigie vengono puntigliosamente perquisite dalla Polizia di confine, i cosmetici di lei guardati con sospetto. Quando arrivano a casa di Sulmaze, che opportunamente non si fa trovare, l’incantesimo è ormai rotto: il lungo contatto, le confidenze, le interminabili chiacchierate hanno fatto emergere insospettabili lati del carattere di entrambi. Dopo appena un giorno intraprendono il lungo viaggio di ritorno: e fra loro niente è più come prima.
Il regista siriano Meyar Al Roumi ha studiato fotografia a Damasco e poi cinematografia in Francia, dedicandosi prevalentemente ai documentari; questa sua preziosa esperienza è evidentissima nella grande abilità con cui sono filmati i più vari paesaggi attraversati dal treno: deserti, steppe, montagne innevate, l’immenso lago. Ha scritto e progettato questo film nel 2010, ben prima dell’esplosione dei conflitti nei paesi del Mediterraneo, che in Siria si trascinano ancora così tragicamente. Se ne fa perciò solo un breve accenno all’inizio, con un telegiornale ascoltato da Suhair, che si affretta a cambiare canale. Il regista ha invece dovuto cambiare piano di riprese per un’altra ragione: quando il regista iraniano Jafar Panahi venne arrestato Meyar Al Roumi firmò una petizione contro l’arresto e finì sulla lista nera di Teheran; le scene ambientate in Iran sono perciò state filmate nell’est della Turchia.
Alexandra Kahwagi (Suhair) se l’è guadagnata la sua Menzione Speciale migliore attrice al Dubai International Film Festival 2012: bellissima e sensuale, è molto espressiva e ha una voce splendida. Ammar Haj Ahmad regala a Walid una fisicità tranquilla e casalinga, che ben contrasta con la nervosa passionalità della sua partner.
Molto piacevole la colonna sonora del libanese Zeid Hamdan – potete ascoltarla qui gratis, gentilmente pubblicata dall’autore. Lo sentite il treno in lontananza?
Casalinga per nulla disperata, ne approfitta per guardare, ascoltare, leggere, assaggiare, annusare, immergersi, partecipare, condividere. A volte lunatica, di gusti certo non facili, spesso bizzarri, quando si appassiona a qualcosa non la molla più.