Siamo a Berlino, è il primo giorno di festival e lo stupore non si fa attendere, già dalla seconda proiezione veniamo presi in contropiede con un’opera di un giovane regista greco che, tra l’altro, è una co-produzione italo-greca.
“The daughter” sin dal titolo ci fa comprendere dove vada a parare, ma come e sino a che punto sarà del tutto inaspettato. La figlia di un uomo pieno di debiti in un’Atene di questi tempi, stretta nella morsa della crisi economica, decide di risolvere la situazione a suo modo, ossia prendendo in ostaggio il figlio del socio (un po’ furbetto) del proprio padre. Lo scopo della giovane è di riscattare il genitore, di riuscire a raccogliere il denaro necessario a non vergognarsi più e a conquistare la fiducia del padre che oltre ad essere assente ha pure divorziato in malo modo dalla madre della giovane.
Gli spunti di riflessione sono quindi molti, ma non come si potrebbe credere a prima vista. È vero, Myrto è una (pre)adolescente con i problemi classici di quella età, la sua famiglia è decisamente disfunzionale, la crisi economica è talmente dilagante da insinuarsi in ogni casa, quindi non stupisce che abbia preso di mira anche il ceto medio, ma il film al posto di sviluppare un noioso pippone socio-politico-economico preferisce tenere tutte le problematiche sullo sfondo e farcele percepire in via mediata, con qualche fotogramma, una frase, un suono, e preferisce concentrarsi sulla piccola e sui suoi comportamenti, perno di una storia che proprio quando crediamo si stia arenando ingrana le marce più alte pe prende il volo.
Myrto è molto giovane ma è già presente nella realtà, rivuole suo padre, cerca la sua attenzione e stima, la conquista del mondo verrà dopo. La sua è un’età delicata e i gesti estremi fanno da padroni, quindi la soluzione più efficace per ottenere i soldi dovuti da un socio troppo preso da sé per rendersi conto di nuocere al papà di Myrto, è quella di portargli via Aggelos (suo figlio) e nasconderlo in un ambiente in cui si sentono a proprio agio e, soprattutto, è sotto il naso di tutti sino alle battute finali tanto inattese quando intense.
Sia ben chiaro, il film non è perfetto, ha dei punti in cui la tensione allenta un po’ troppo, ma certe attenzioni denotano un talento che ha margine di crescita. Luce, fotografia, dettagli e suoni non sono lasciati al caso, i giovani interpreti in certi momenti potrebbero essere più efficaci e, forse, la colonna sonora potrebbe venire maggiormente sfruttata, ma dato che si tratta pur sempre della terza prova del regista siamo buoni, perché l’aspetto thriller sa già come svilupparlo.
Ennio Flaiano amava ricordare che “Il cinema è l’unica forma d’arte nella quale le opere si muovono e lo spettatore rimane immobile.”, ed è Vissia ad accompagnarci con passione e sensibilità nelle mille sfaccettature di un’arte in movimento. Ma non solo. Una guida tout court, competente e preparata, amante della bellezza, che scrive con il cuore e trasforma le emozioni in parole. Dal cinema alla pittura, con un occhio vigile per il teatro e la letteratura, V. ci costringe, piacevolmente, a correre per ammirare un’ottima pellicola o una mostra imperdibile, uno spettacolo brillante o un buon libro. Lasciarsi trasportare nelle sue recensioni è davvero facile, perdersi una proiezione da lei consigliata dovrebbe essere proibito dal codice penale. Se qualcuno le chiede: ma tu da che parte stai? La sua risposta è una sola: “io sto con Spok, adoro l’Enterprise e sono fan di Star Trek”