“The Grandmaster”,  il grande maestro, quell’Ip Man che tanti aneddoti, una copiosa letteratura e molti film cappa e spada ha ispirato in passato, l’uomo impresso nella memoria collettiva come il mentore di Bruce Lee ora torna al cinema sotto una luce nuova. A Wong Kar Wai l’onore di aprire la 63. edizione della Berlinale e il cineasta lo fa con tutto il suo charme regalandoci un’opera che sa avvincere e stregare tutta la sala portando il pubblico in un mondo tanto lontano quanto elegante e avvolto da un’aura magica.

Epica senza tempo dedicata al rispetto per uomo, alla necessità di regole nella vita e all’autodisciplina, la storia ruota intorno ad una manciata di persone che incrociano il maestro durante il percorso che dalla Cina dei primi anni del secolo scorso lo porta sino ad Hong Kong. Ma il viaggio su cui punta la pellicola è soprattutto quello interiore di ognuno e in particolare di Ip Man, la cui integrità non gli permetterà mai di tornare indietro.

 Yi dai zong shi | The Grandmaster directed by Wong Kar Wai

© Berlinale

Prediligendo l’oscurità della notte spesso piovosa coi suoi toni intensi che ben si contrappongono alla calda luce degli interni e che rende ancora più preziosi gli oggetti inquadrati, con grande attenzione ai dettagli, il regista crea una pellicola che incredibilmente riesce ad unire il combattimento, senza l’orrore di esso, ad una avvincente trama fatta di incontri e lezioni dedicate a quei valori che rendono l’essere umano unico e che hanno contraddistinto un’epoca che oramai pare lontanissima.

Il racconto si apre durante il cosiddetto periodo d’oro delle arti marziali, poco prima della caduta dell’ultima dinastia cinese durante l’invasione giapponese della Manciuria. Ci troviamo nel sud del paese in compagnia di un uomo ricco ed affascinante, abile maestro del kung fu, che durante una cerimonia sfida la figlia del gran maestro del Nord in visita. L’incontro con la giovane Gong Er sarà impossibile da dimenticare e segnerà le vite di entrambi i protagonisti lasciando il pubblico in sala a bocca aperta. 

Tony Leung in Yi dai zong shi | The Grandmaster by Wong Kar Wai

© Berlinale

Si danza, ci si sfiora, tutto è sensuale e la tensione cresce sino ad esplodere in un corpo a corpo senza esclusione di colpi, perché di fatto i due stanno combattendo. Gioco di luci ed effetti ottici, gli insoliti sfidanti si attraggono e respingono in ciò che a tratti sembra più un corteggiamento che un confronto. Incredibile è l’unico aggettivo in grado di definire la scena, incorniciata da una fotografia perfetta come non si vedeva da tempo. Ogni inquadratura potrebbe essere un quadro o uno scatto degno della migliore galleria. 

Con un cast di volti premiati anche nella nostra cara Europa, tutti in grado con un singolo sguardo o uno sbuffo di riportare in vita i personaggi di cui indossano le vesti, il regista riesce a farceli percepire in mezzo a noi abbattendo del tutto lo schermo. E’ inutile, “The Grandmaster” si può solo definire un masterpiece, un film imperdibile, poesia per immagini, opera delicata, raffinata e ricca che si discosta dal comune wuxiapian, rimane lontana dal bioptic e non rallenta mai. Semplicemente una incredibile musica! 

Zhang Ziyi in Yi dai zong shi (The Grandmaster) by Wong Kar Wai

© Berlinale