Vedere film non-stop dalle 9.00 della mattina per giorni e giorni è ciò che rende magico ed eccitante un festival, ma una volta arrivati al 5° giorno sopraggiungono i primi inevitabili segni di cedimento. Bigiare la prima proiezione diviene una tentazione sempre maggiore, però quando in mezzo a dozzine di pellicole drammatiche, di denuncia e finto-leggere, ti viene proposto un c.d. film sparatutto, magicamente hai le molle ai piedi e sei in prima fila a goderti lo spettacolo. La possibilità che la trama sia debole, i dialoghi ridotti al minimo sindacale e che il successo dell’opera sia affidato ad un one man show, agli effetti specialissimi e ai chili di bossoli che i protagonisti lasciano dietro di sé, è altissima, ma -come dicevamo- 2 ore di puro svago senza alcun messaggio recondito appaiono come un’oasi nel deserto!

Il brusio era molto, l’aspettativa bassina, la voglia di divertirsi altissima e ciò è bastato. “Bullet to the Head” di Walter Hill è stata la proiezione fuori concorso qui a Roma che si è portata a casa più applausi e consensi in sala e non solo. Sylvester Stallone è Jimmy, un sicario alla ricerca di vendetta per l’uccisione del suo compagno e dell’uomo che vuole anche lui a riposo sotto qualche metro di terra ma, soprattutto, è un padre alle prese con una figlia che è costante oggetto del desiderio del nemico. È così che ora Jimmy è costretto a stringere una bizzarra alleanza con un poliziotto arrivato in città da Washington per risolvere un caso che ha molti legami con il suo ultimo “incarico”.

La coppia è presto fatta, il buono e il cattivo, il giovane e il vecchio, l’idealista e il disincantato, il razionale e il testosteronico, il precisino e il praticone vero elefante in una cristalleria, ma tutti fondamentalmente con dei principi e d’animo buono. In pochi minuti, infatti, dimentichiamo che il sicario dovrebbe essere il cattivo e parteggiamo subito per la neonata strampalata coppia. Corse, imboscate, salvataggi in extremis, bossoli, coltelli, botte da orbi, pochi effetti speciali, molta azione vecchia maniera e tutto funziona a meraviglia soprattutto perché la pellicola brilla per i dialoghi, serrati, ironici, intelligenti, mai volgari e senza esclusione di colpi (verbali).

Ci si diverte, si dimentica tutto, è puro svago in grado di provocare sonore risate in sala e ottenere l’approvazione unanime di una sceneggiatura brillante come raramente accade in un film tutto boati e freno a mano. Stallone conosce bene i suoi limiti e ci gioca senza mai oltrepassarli, cerca una spalla, ma quando necessario è lui a diventare di supporto, pare divertirsi molto e tutto sommato sembra accettare di buon grado di non avere più 20 anni. Onore al merito, perché i suoi film apparterranno sempre per lo più alla categoria degli action, ma alla fine sono tra i migliori prodotti di genere presenti al momento.

“Bullet to the Head” è consigliatissimo a giovani e non, soprattutto spero che il doppiaggio non mortifichi il ritmo dei taglienti scambi tra i protagonisti.
Voto: 7. Un’inattesa sorpresa nel panorama del Festival di Roma 2012.