Un’opera nata come documentario che, in corsa, si è trasformata in un film, un ritratto personalissimo della città che da una decade è tornata territorio cinese. Fondendo i ricordi dei due registi, quelli recenti legati al primo impatto avuto da João Pedro Rodrigues uniti a quelli dell’infanzia di João Rui Guerra da Mata che ha trascorso la prima parte della propria vita in quel territorio molto lontano dal Portogallo, ripercorriamo vie e zone di una città che ha subito una evoluzione molto particolare col cambio di millennio.
La voce fuori campo ci narra la propria storia, il proprio vagare e perdersi per le strade di un luogo che ricordava portoghese non solo per la lingua ed ora è cinese, a tratti appare molto glamour e luccicante (che sia uno specchietto per i turisiti?), mentre in altri momenti è davvero inquietante e periocoloso. Sicuramente è una città in cui il degrado va a braccetto col lusso, in cui i loschi affari prosperano favoriti da una strategica ubicazione.
Il tempo di poche battute e le descrizioni più asettiche scompaiono per lasciare spazio alle sensazioni e coinvolgere lo spettatore nelle emozioni che l’io narrante sta provando. E’ così che stranamente l’atmosfera si fa sempre più inquietante e cupa sino ad infondere vera suspense mentre immagini umide di anfratti degradati della città scorrono davanti ai nostri occhi.
La curiosità aumenta e il mistero si infittisce, il protagonista infatti è sulle orme di un’amica, Candy, che ha lanciato un messaggio disperato di aiuto da molto lontano. A Macao accadono cose strane che intimoriscono Candy al punto di temere per la propria vita, ha bisogno di essere salvata, se lo sente, e l’autore lo percepisce chiaramente motivo per cui sale su un aereo, affronta i demoni e le impolverate immagini sepolte nella propria memoria, pur di tentare un salvataggio estremo.
La trama risulta quindi intrigante, chi è Candy? Ce la farà il nostro eroe ad aiutarla? Perchè accadono tutte queste stranezze? Le domande sono molte e se non fosse per le inquadrature che scavano nel tessuto sociale, ricordandoci che tutto era nato come un soporifero documentario dedicato a quei territori dall’unico passato, forse non saremmo inciampati e … crollati tra le braccia di Morfeo per qualche minuto di assoluto ristoro.
Voto: 5 ½ dovuto ad un ritmo documentaristico che non amo. Rimaniamo però vicini alla sufficienza perchè i primi minuti di film sono una meraviglia e l’abilità di creare un’atmosfera noir in una docu-fiction non è comune.
Ennio Flaiano amava ricordare che “Il cinema è l’unica forma d’arte nella quale le opere si muovono e lo spettatore rimane immobile.”, ed è Vissia ad accompagnarci con passione e sensibilità nelle mille sfaccettature di un’arte in movimento. Ma non solo. Una guida tout court, competente e preparata, amante della bellezza, che scrive con il cuore e trasforma le emozioni in parole. Dal cinema alla pittura, con un occhio vigile per il teatro e la letteratura, V. ci costringe, piacevolmente, a correre per ammirare un’ottima pellicola o una mostra imperdibile, uno spettacolo brillante o un buon libro. Lasciarsi trasportare nelle sue recensioni è davvero facile, perdersi una proiezione da lei consigliata dovrebbe essere proibito dal codice penale. Se qualcuno le chiede: ma tu da che parte stai? La sua risposta è una sola: “io sto con Spok, adoro l’Enterprise e sono fan di Star Trek”