Un film in stile documentario o un documentario alleggerito da una storia di fantasia? Scegliete voi o forse lo farà la vostra sensibilità nei confronti dell’arte. Jem Cohen ci porta a Vienna, luogo in cui è appena atterrata un signora americana per accudire una cugina in coma. La donna è molto lontana da casa e trova rifugio da una città che le è ostile (anche solo linguisticamente), nel Kunsthistorisches Museum e nell’amicizia con uno dei custodi.
I loro scambi sono storie di vita, narrazioni spesso senza un volto o ricche di silenzi anche perché la scena è tutta concentrata sulla carrellata di tele alle pareti. Inizialmente vengono solo descritte le sensazioni che esse provocano nei due protagonisti, poi subentra una vera guida turistica che ci spiega ogni singola opera, non omettendo alcun debole dettaglio. Sono decisamente quadri molto attuali, riescono a portare nel nostro presente la memoria di un mondo che fu e al contempo dimostrare che c’è molta modernità anche nella quotidianità di allora.
E’ una fotografia di vita sofferente quella nata dalla mano di Bruegel, ma anche quella che traspare dagli sguardi tristi dei due amici, le inquadrature sono spente, quasi a riflettere l’interna solitudine. Ma i parallelismi non finiscono qui: come nei dipinti medievali vi era molto su cui focalizzare, veniva quasi concessa una scelta, talvolta il soggetto era di difficile identificazione per la molteplicità degli accadimenti, e anche nelle inquadrature di Cohen non si sa molto bene dove dovremmo rivolgere lo sguardo. Dettagli in sovrabbondanza non per confondere, ma per lasciare maggiore libertà a chi guarda e (secondo la cartella stampa) non per imporre sguardi o sensazioni, mentre in più di uno spettatore è sorto il dubbio che la pellicola fosse un modo per diffondere arte in via di estinzione.
Secondo i dissenzienti più estremi, questo film aveva lo scopo (addirittura mal celato) di scremare il proprio pubblico, secondo altri voleva impartirci una lezione di pittura nell’immediato e di vita col tempo. Di sicuro, in molti tra coloro che sono rimasti sino alla conclusione della proiezione hanno avuto la sensazione di doversi sentire più cool rispetto a quelli che, complice l’oscurità, se ne sono andati anzitempo. In effetti, la percezione di una volontà di farci sentire migliori l’ho avuta pure io e la cosa mi ha irritata e mi piace pensare non sia così: sarebbe un intento davvero pretenziosetto… Voto: 5
Ennio Flaiano amava ricordare che “Il cinema è l’unica forma d’arte nella quale le opere si muovono e lo spettatore rimane immobile.”, ed è Vissia ad accompagnarci con passione e sensibilità nelle mille sfaccettature di un’arte in movimento. Ma non solo. Una guida tout court, competente e preparata, amante della bellezza, che scrive con il cuore e trasforma le emozioni in parole. Dal cinema alla pittura, con un occhio vigile per il teatro e la letteratura, V. ci costringe, piacevolmente, a correre per ammirare un’ottima pellicola o una mostra imperdibile, uno spettacolo brillante o un buon libro. Lasciarsi trasportare nelle sue recensioni è davvero facile, perdersi una proiezione da lei consigliata dovrebbe essere proibito dal codice penale. Se qualcuno le chiede: ma tu da che parte stai? La sua risposta è una sola: “io sto con Spok, adoro l’Enterprise e sono fan di Star Trek”