Levataccia con le bombe a mano per correre a vedere questa co-produzione italo-britannica ricca di citazioni e impreziosita dalla recitazione di Toby Jones (apprezzato quest’anno in “Biancaneve e il Cacciatore” e “The Hunger Games”) e in arrivo direttamente dalla selezione ufficiale del Toronto Film Festival.
Intrigata da una sinossi che prometteva di mostrare il dietro le quinte di un film horror anni ‘70 e l’incontro/scontro tra un geniale tecnico del suono arrivato direttamente dal Regno Unito ed un eclettico regista mediterraneo sino al midollo, ho assistito ad una pellicola dalle evoluzioni potenzialmente esplosive, che nei fatti si è rivelata ripetitiva e con una trama via via più flebile.
E’ davvero grande la presenza scenica dei due protagonisti maschili (Toby Jones e Cosimo Fusco), notevole è l’attenzione alla fotografia, ai dettagli dell’epoca ed ovviamente al suono, ma il famoso (e necessario) svolgimento della trama è totalmente assente. In molti eravamo pronti a scommettere che il film nel film e la storia principale si sarebbero sfiorati sempre più sino a divenire un tutt’uno, che il sangue sarebbe sgorgato copioso e assordanti ondate di strazianti urla avrebbero invaso la sala mentre perdevamo il conto dei cadaveri sullo schermo, ma… nulla di ciò è accaduto, sigh!
Un succedersi di attricette mediocri (previste dal copione, sia ben chiaro), il confronto culturale tra nord e sud Europa (che peraltro la prima volta fa sorridere, ma al terzo giro è solo un superfluo e fastidioso cliché) ed una ecatombe di frutta e verdura (la parte più divertente è stata scoprire come venissero prodotti i suoni demoniaci che tanto fanno sobbalzare lo spettatore medio di un film dell’orrore) sono gli unici avvenimenti salienti degli 88 minuti di pellicola.
La tradizione horror italiana anni ‘70 è davvero nutrita, quindi di spazio per tributi, citazioni e novità ve n’era molto, il cast era all’altezza, ma qualcuno ha deciso di girare in tondo per quasi due ore, concentrandosi sul suono e sul disagio di una persona non abituata alla fisicità, ai modi coloriti e agli interludi lavorativi del mare nostrum. Non si capisce però perché non venga mai dato un seguito ai numerosi dissapori e accadimenti inquietanti che si succedono e spariscono. tutto viene abbozzato e poi, magicamente, scompare.
Probabilmente un medio-metraggio sarebbe stato più che sufficiente e forse più efficace dato il bizzarro taglio scelto dal regista, così che anche le stroncature sarebbero state numericamente inferiori. O forse, le nostre aspettative erano troppo alte ed ora sta parlando solo il nostro italico orgoglio ferito. Voto: 5+, insufficienza per non aver sfruttato i talenti e le idee presenti.
Ennio Flaiano amava ricordare che “Il cinema è l’unica forma d’arte nella quale le opere si muovono e lo spettatore rimane immobile.”, ed è Vissia ad accompagnarci con passione e sensibilità nelle mille sfaccettature di un’arte in movimento. Ma non solo. Una guida tout court, competente e preparata, amante della bellezza, che scrive con il cuore e trasforma le emozioni in parole. Dal cinema alla pittura, con un occhio vigile per il teatro e la letteratura, V. ci costringe, piacevolmente, a correre per ammirare un’ottima pellicola o una mostra imperdibile, uno spettacolo brillante o un buon libro. Lasciarsi trasportare nelle sue recensioni è davvero facile, perdersi una proiezione da lei consigliata dovrebbe essere proibito dal codice penale. Se qualcuno le chiede: ma tu da che parte stai? La sua risposta è una sola: “io sto con Spok, adoro l’Enterprise e sono fan di Star Trek”