Casualmente c’imbattiamo nell’opera che difende lo scudo rosso crociato nella categoria Cineasti del Presente, anzi è addirittura girata a Lugano per mano di un ragazzo ticinese. E’ un’opera che parte avvantaggiata da tutta la nostra benevolenza, quindi con le migliori intenzioni entriamo in una sala gremita per una volta di tutta l’intellighenzia locale.
“Tutti giù” è la storia di un gruppo di giovani d’oggi e dei loro problemi durante il passaggio dall’adolescenza all’età adulta, non ci impressiona quindi di essere di fronte ad una pagina già letta, esplorata e vista nelle passate decadi. E’ un problema senza tempo, senza territorio, senza limiti. Ci sono passati tutti, in molti ne hanno parlato e Niccolò Castelli decide di esplorare la realtà in cui è cresciuto, il suo Canton Ticino, e lo fa usando lo sport come fil rouge. Tre storie, tre gruppi, tre protagonisti le cui esistenze più o meno fortuitamente s’incroceranno e raggiungeranno un epilogo non sempre dei migliori.
La sciatrice troppo giovane rispetto al successo che la travolge e che le ruba il sorriso oltre che l’adolescenza (appunto), lo skater che ha trasformato una passione in fonte di reddito ed ora rischia di perdere tutto ed il writer un po’ emarginato che per amore diviene un fan della squadra per cui la sua bella tifa: ecco coloro che seguiamo per un’ora e mezza supportati da una fotografia intrigante ed una colonna sonora perfetta. E questi ultimi sono tasselli importantissimi quando si ritrovano involontariamente a fare da contraltare ad un neo non di poco conto: la dizione, la recitazione, l’espressività mancano quasi del tutto. Scriminante è sicuramente l’aver scelto una vera sciatrice (peraltro la migliore davanti alla macchina da presa) e degli attori non protagonisti che fanno miracoli su uno skate-board ma che, nei primi piani e man mano che il dramma prende forma, pian piano scompaiono ed istintivamente pensiamo sarebbe stato meglio se davvero si fossero eclissati.
Mostrare le frustrazioni, i dubbi e le debolezze di una generazione in evoluzione è coraggioso soprattutto per quanto già detto, scritto e mostrato, ma Niccolò è comunque una voce fuori dal coro posto che descrive una realtà piccola, una minoranza linguistica in una Paese che si contraddistingue per essere l’unione di tre culture non sempre coincidenti. E questo aspetto si percepisce da subito ed è un ulteriore elemento che ci spinge ad andare contro corrente. I difetti della pellicola li abbiamo visti tutti ed in molti ci si sono già scagliati. Ma i pregi? Perchè ci si lagna sempre della dilagante esterofilia e poi viene ignorata la parte buona delle opere fatte in casa? Quest’anno erano presenti in ogni sezione pellicole elvetiche e vi assicuro che per lo meno due di esse (di cui parleremo) sono meritevoli!
Questa è un’opera prima, piccola, imperfetta che si lascia guardare ma si fatica ad ascoltare, come molte altre della categoria, che comunque infonde speranza in una futura crescita di una settima arte locale. Voto quasi sufficiente: 5 e ½
Ennio Flaiano amava ricordare che “Il cinema è l’unica forma d’arte nella quale le opere si muovono e lo spettatore rimane immobile.”, ed è Vissia ad accompagnarci con passione e sensibilità nelle mille sfaccettature di un’arte in movimento. Ma non solo. Una guida tout court, competente e preparata, amante della bellezza, che scrive con il cuore e trasforma le emozioni in parole. Dal cinema alla pittura, con un occhio vigile per il teatro e la letteratura, V. ci costringe, piacevolmente, a correre per ammirare un’ottima pellicola o una mostra imperdibile, uno spettacolo brillante o un buon libro. Lasciarsi trasportare nelle sue recensioni è davvero facile, perdersi una proiezione da lei consigliata dovrebbe essere proibito dal codice penale. Se qualcuno le chiede: ma tu da che parte stai? La sua risposta è una sola: “io sto con Spok, adoro l’Enterprise e sono fan di Star Trek”