Dici Havana e nell’immaginario collettivo in pochi secondi prendono forma i volti di Fidel Castro e di Che Guevara, una bottiglia di buon rum invecchiato di cui si può quasi percepire il profumo, ci si sente abbracciati da un intenso cielo azzurro che dolcemente incontra il mare increspato mentre automobili americane anni ‘50 sono parcheggiate agli angoli delle strade. E poi le donne alla finestra, per strada, ovunque, sono tante ma soprattutto sono giovani e belle, con la loro sensuale pelle ambrata leggermente lucida per il sudore, che ancheggiano sinuosamente magari sulle note di quella musica passata alla storia come “cubana”.
Un mare di colori, la luminosità diffusa dal sole, i sorrisi della gente che vive una vita difficile costretta su un’isola, strozzata dal un embargo quasi secolare, ma che non ha alcuna intenzione di mollare, quindi si getta nella musica, nel ballo, nella cucina, nella religione e in tutto ciò che le permette di andare avanti. Immagine talvolta molto stereotipata, ma che tutti (sia noi turisti sia gli abitanti) continuano ad alimentare perché piace credere che la quotidianità di Cuba sia tollerabile.
Sette giorni all’Havana, sette episodi, sette aspetti differenti di una medesima realtà. Sette modi di vedere e vivere un luogo popolato da gente che non si può permettere il lusso della disperazione, miseria e difficoltà sono note e percepibili in ogni dove, quindi non è necessario soffermarsi su di esse meglio tentare di modificare qualcosa. Come farlo? Dando vita ad un progetto che prevede anche un film: “Sette giorni all’Havana”, appunto.
Un variegato gruppo di persone con una passione in comune, il cinema, decidono di farci provare le sensazioni che li hanno presi in contropiede approdando a Cuba, regalandoci sette corti d’autore, tutti con il loro carattere, molti diversi ma uniti dai luoghi e talvolta dai volti (rivediamo infatti i protagonisti di alcuni episodi riapparire fugacemente in altri). Apre le danze l’esordiente (dietro la macchina da presa) Benicio del Toro con Yuma, un corto sugli americani che arrivano a Cuba, come se l’aspettano e come vengono accolti, ma soprattutto gli errori che commettono e le trappole che li attendono dietro l’angolo. Passiamo quindi alla nascita di una amicizia tra un Emir Kusturica in crisi che riesce ad instaurare un legame con un musicista-taxista-bodyguard e chi più ne ha più ne metta per poi venire ammaliati dalla dolce voce ed il dramma di Cecilia.
Ma non è finita qui, i giorni della settimana passano, la luce cambia, i protagonisti pure, assistiamo alle umane reazioni davanti alle scelte importanti e radicali che si presentano, ci domandiamo come avremmo reagito noi e prima ridiamo, con Elia Suleiman che muto osserva la grottesca situazione in cui si trova (ed è impossibile placare le risate), poi ci sentiamo ad anni luce di distanza da quel mondo che vive ancora di rituali ancestrali. Gaspar Noé ci porta nell’oscurità e ci fa palpitare sino alle luci dell’alba quanto torniamo in città per gli ultimi due giorni della settimana: è il weekend e… la vita continua!
Ennio Flaiano amava ricordare che “Il cinema è l’unica forma d’arte nella quale le opere si muovono e lo spettatore rimane immobile.”, ed è Vissia ad accompagnarci con passione e sensibilità nelle mille sfaccettature di un’arte in movimento. Ma non solo. Una guida tout court, competente e preparata, amante della bellezza, che scrive con il cuore e trasforma le emozioni in parole. Dal cinema alla pittura, con un occhio vigile per il teatro e la letteratura, V. ci costringe, piacevolmente, a correre per ammirare un’ottima pellicola o una mostra imperdibile, uno spettacolo brillante o un buon libro. Lasciarsi trasportare nelle sue recensioni è davvero facile, perdersi una proiezione da lei consigliata dovrebbe essere proibito dal codice penale. Se qualcuno le chiede: ma tu da che parte stai? La sua risposta è una sola: “io sto con Spok, adoro l’Enterprise e sono fan di Star Trek”