Scorri la filmografia di Roman Polanski ed improvvisamente realizzi di essere di fronte ad un regista le cui pellicole (tranne sporadici casi) sono state tutte nominate all’Oscar e se lo sono portato a casa spesso e volentieri, idem con gli Orsi berlinesi e le Palme di Cannes. Da brivido! Se poi dai una lettura veloce e disattenta alla sua biografia rimani di stucco: una quantità di traumi che neppure le menti più malate che scrivono per i peggiori film a cavallo tra il drammatico e l’horror sarebbero riuscite a partorire. Un’infanzia all’ombra di una serie senza sosta di scelte sbagliate prese dagli adulti che avrebbero dovuto prendersi cura di lui, una famiglia sfasciata soprattutto a causa delle persecuzioni naziste e della disseminazione nei vari campi di sterminio di tutti coloro che circondavano un Roman che avrebbe dovuto andare alle scuole primarie.
Nel primo giorno di festival non ci siamo fatti mancare nulla, partiti con un film in concorso, passati ad un documentario della sezione Cannes Classics per concludere con una proiezione speciale: la docu-intervista a Roman Polanski per lo più girata durante gli arresti domiciliari a cui è stato sottoposto nel 2009 in Svizzera. Una bella casa, un caminetto e la compagnia di un amico di una vita per ricordare capitoli dolorosi della propria esistenza. Spicca, infatti, subito il fatto che non ci si concentri sulla sua carriera nel senso stretto, bensì sul parallelismo tra le prime esperienze di vita e le opere maggiori, ci si dedichi insomma all’uomo dietro quegli scandali, a cui la stampa ha dedicato articoli su articoli basandosi su fanta-interpretazioni di fatti che non conosciamo e nessuno mai conoscerà.
Piuttosto condivisa l’opinione che si sentisse la mancanza di un approfondimento, di un punto di vista dell’autore o di qualche rivelazione su una carriera in constante ascesa il cui esordio ha è davvero stato travagliato soprattutto perchè stiamo di parlando di un paese, la Polonia, rimasto ingabbiato nelle conseguenze della Guerra Fredda, di cui non si sente proprio la mancanza se non (tanto per stare in tema) nei film polizieschi, dove il cattivone che indossa il colbacco ci manca un pochino :) Dobbiamo infatti ammettere che se da un lato le colonne di cronaca hanno dedicato al sig. Polanski spazio, le pagine di cinema hanno fatto di meglio e qualunque sia la vostra opinione sulla persona, il regista nell’ultima decade ci ha regalato dei veri capolavori. Che sia quindi geniale, avanti, sappia scegliere un soggetto e realizzarlo meravigliosamente è fuori di dubbio. Chi sia invece veramente non lo sapremo sino al giorno in cui dovessimo incontrarlo ed entrare nella sua cerchia, cosa che troviamo assai improbabile.
Vedendo questo documentario noterete l’uomo, non scoprirete alcun gossip, non riceverete alcuna anticipazione sul suo prossimo lavoro, potrebbe però essere di ispirazione per quelle persone che il cui sport sia la lamentatio o che alla prima avversità demordono. Capacità ed estro devono sicuramente esserci, ma tenere la testa alta e non mollare mai sono solo una vostra scelta.
Ennio Flaiano amava ricordare che “Il cinema è l’unica forma d’arte nella quale le opere si muovono e lo spettatore rimane immobile.”, ed è Vissia ad accompagnarci con passione e sensibilità nelle mille sfaccettature di un’arte in movimento. Ma non solo. Una guida tout court, competente e preparata, amante della bellezza, che scrive con il cuore e trasforma le emozioni in parole. Dal cinema alla pittura, con un occhio vigile per il teatro e la letteratura, V. ci costringe, piacevolmente, a correre per ammirare un’ottima pellicola o una mostra imperdibile, uno spettacolo brillante o un buon libro. Lasciarsi trasportare nelle sue recensioni è davvero facile, perdersi una proiezione da lei consigliata dovrebbe essere proibito dal codice penale. Se qualcuno le chiede: ma tu da che parte stai? La sua risposta è una sola: “io sto con Spok, adoro l’Enterprise e sono fan di Star Trek”