Questa è la storia di Amanda, donna piacente, indipendente, invischiata in una deludente e alquanto noiosa relazione fonte solo di frustrazioni, che vacilla ma non taglia, sino a quando incontra Antoine, un uomo tanto bello e sensibile da essere per forza gay, di cui inconsciamente s’innamora. Lui è collega di Francine, la migliore amica di Amanda, la quale decide di lasciare che il fato compia il suo corso, o meglio che viene convinta dal marito psicologo a lasciar correre, soprattutto qualora sussistano false convinzioni, perché l’amica Amanda è androfobica, un modo carino per dire che ha paura degli uomini. Ed è così che un manipolo di colleghi riesce a convincere Antoine a fingersi gay, in modo da far trionfare l’amore.
Commedia sentimentale e degli equivoci che segna l’esordio alla regia di Laura Morante, unica esponente del Bel Paese in una pellicola francese, ricca di volti noti e briosi che quest’anno abbiamo già visto in altre delicate opere. L’idea è davvero carina, gli attori scelti sono a loro agio nella parte assegnata e non pare che siano in difficoltà con la neoregista. D’altro canto la sceneggiatura è talmente leggera da poter andare avanti con le proprie gambe e gli interpreti sono tra i migliori d’oltralpe, quindi non sapremo mai quanto l’esperienza del cast abbia salvato lo script. Comunque, il soggetto ci piace, la fotografia è appropriata, ma Laura Morante che veste i panni della protagonista nevrastenica, frustrata e perennemente incline allo psicodramma sembra una parodia di se stessa e questo dejà –vu è la parte meno convincente dell’opera.
La narrazione è briosa, non si sfrangia, perde un po’ di mordente nella seconda metà ma, complici i soli 87 minuti di durata totale, non ha il tempo di trascinare il lavoro di Isabelle Carré e dei compagni di avventura in un disastroso caos. Nonostante però l’indiscussa carriera ed i riconoscimenti ricevuti dalla signora Morante, la sua recitazione, oltre alla ripetitività dei soggetti interpretati (che ci fanno temere che ogni volta porti molto/troppo di sé dentro il personaggio di turno), pare asincrona rispetto a quella degli altri. Insomma, va per la sua strada noncurante dei presenti e questa è una nota talmente stonata da offuscare e non rendere giustizia a delle perle come l’apparizione di Ennio Fantastichini in un cameo davvero imprevedibile.
Ma non finisce qui: la disastrosa vita sentimentale è quella di una donna borghese un po’ troppo radical chic ed il fraintendimento che diviene quella bugia pietosa fondamentale per la riuscita della coppia sullo schermo e per una cascata di errori e risate in sala, non rinuncia mai al bon ton e ciò ci fa temere si mirasse al genio. Dato che neppure i padri del grande cinema sono nati tali, noi attendiamo e nel mentre ci concentriamo sul ciò che c’è di buono: il film si lascia guardare con occhi gai e strappa momenti di ilarità, quindi è un buon passatempo anche se dubito avrà grande presa sul pubblico.
Ennio Flaiano amava ricordare che “Il cinema è l’unica forma d’arte nella quale le opere si muovono e lo spettatore rimane immobile.”, ed è Vissia ad accompagnarci con passione e sensibilità nelle mille sfaccettature di un’arte in movimento. Ma non solo. Una guida tout court, competente e preparata, amante della bellezza, che scrive con il cuore e trasforma le emozioni in parole. Dal cinema alla pittura, con un occhio vigile per il teatro e la letteratura, V. ci costringe, piacevolmente, a correre per ammirare un’ottima pellicola o una mostra imperdibile, uno spettacolo brillante o un buon libro. Lasciarsi trasportare nelle sue recensioni è davvero facile, perdersi una proiezione da lei consigliata dovrebbe essere proibito dal codice penale. Se qualcuno le chiede: ma tu da che parte stai? La sua risposta è una sola: “io sto con Spok, adoro l’Enterprise e sono fan di Star Trek”