E’ mattina e Julio e Julia si sono appena svegliati dopo una notte brava dominata da alcol e istinti primordiali e mentre cercano di ricostruire il loro incontro e come siano finiti nel medesimo appartamento (quello di Julia), si rendono conto che sono gli unici rimasti nel palazzo, anzi nella via, insomma nella città. Il motivo dell’improvvisa dipartita dei più è li, sopra le loro teste, e tra una ipotesi su come il cielo sia divenuto un parcheggio per dischi volanti e l’altra su come siano finiti nello stesso letto, alla porta si presentano in pochi minuti tutti i personaggi che daranno vita a questa storia ricca di avvenimenti e dal finale umano, incoraggiante e decisamente spiritoso che, nonostante la chiusura sia tutta in esterni, potrebbe facilmente divenire una pièce teatrale.

Caratterizzata da una costante, sottile ed intelligente ironia, questa è una commedia sulle umane debolezze che prende solo il via da ciò che troneggia fuori dalla finestra. Il film dominato dall’arrivo di un misterioso disco volante gigante che fa evacuare tutti in fantomatici rifugi, ma che lascia dietro di se un gruppo di ragazzi come noi, ci piace sin dalle prime grottesche immagini e ci appassiona ancora di più dall’ingresso in scena dell’ambiguo vicino di casa, Angel. Impacciato e perennemente innamorato della bella Julia sarà la variabile impazzita che scardinerà l’equilibrio precario del triangolo che, con l’arrivo del quarto ed ultimo personaggio, Carlos (il fidanzato ufficiale di Julia), si verrà a creare.

 

Avete capito bene, uno dei pezzi forti del film è che si sa che causa del disastro siano gli alieni, ma ben presto si comprende come essi siano solo un pretesto per confinare i personaggi in un piccolo ambiente ed esplorare le loro reazioni, amplificarle sino a farle sfuggire al controllo degli stessi talvolta in modo anche grottesco. E così alla fine ci si dimentica degli omini verdi e soprattutto non si sente la loro mancanza, a meno che (ovviamente) non fossero l’unico motivo dell’ingresso in sala. Tante sono infatti le inaspettate risate che accompagnano la visione ed il finale poetico, ma non mieloso, addolcirà anche i più titubanti.

Da vedere, da recuperare e non stupisce che abbia già incontrato i consensi del pubblico di altri festival del cinema di genere (e non) in più continenti. Il regista è infatti quel Nacho Vigalondo che aveva già convinto con la precedente opera “Timecrimes” e che ora ha preso molti in contropiede cambiando repentinamente registro, ma pur sempre esplorando le umane reazioni all’inaspettato che in questo caso non ci fa neppure uscire dalla stanza. Ottimo approccio, idea originale e cast che riesce a reggere la scena per tutti i 90 minuti. Promosso!