Durante la appena conclusa stagione abbiamo notato come i francesi abbiano confermato a più riprese di aver aggiunto un bel po’ di pepe alla propria cinematografia e siano riusciti a farci ridere con pellicole mai volgari e soprattutto intelligenti. Pochi giorni fa dicevamo di come invece durante quest’agosto i cugini d’oltralpe abbiano sfoggiato opere carine, ben confezionate, oneste ma notevolmente sotto tono.
“L’art d’Aimer” di Emmanuel Mouret, è un esempio calzante di questa tendenza. Presentato durante il Festival del film di Locarno a una platea ricettiva al francese (!), ci ha inizialmente intrigati, poi ci ha fatto sorridere, ma una volta entrati nella seconda parte non ci ha impedito di avvertire lo scorrere di ogni singolo minuto (e sono solo 85) nonostante non vi fosse alcuna nota stonata, anzi, l’idea fosse proprio brillante!
È la storia di persone che non si conoscono, di differenti età e che frequentano ambienti affini ma non identici, i cui destini, in seguito a coincidenze in parte anche provocate, s’incroceranno. Per alcuni sarà solo uno sfiorarsi, per altri sarà una pessima interazione e poi ci saranno coloro che si frequenteranno inconsapevolmente. Il motivo è sempre quello: l’amore, la ricerca dell’anima gemella o il mantenere i delicati equilibri che sorreggono la coppia. Anche la domanda non è nuova: fin dove sareste disposti ad arrivare per ottenere o mantenere la vostra dose di palpitazioni?
E così Mouret confeziona una pellicola che ruota sul corteggiamento e sulla faticosa conquista del sentimento più bramato da noi tutti. Complici forse gli equivoci mostrati con eccessiva delicatezza, le recitazioni troppo composte o la presenza di attori impostati, il risultato è che il prodotto c’è, ma non si vede.
Commedia romantica che potremmo definire “alla francese”, ben fatta e dignitosamente recitata, ma insipida e destinata a venir dimenticata ironicamente proprio perché non coinvolge e non ci suscita emozioni. Non sarà difficile per la concorrenza spazzare via quest’opera dalla nostra memoria, vuoi per far spazio a un capolavoro vuoi a causa di una colossale porcheria, ma pur sempre per permetterci di ricordare qualcosa che ha scatenato in noi un chiaro sentimento.
n.d.r. e poi, non riesco a togliermi dalla testa quel dubbio che il titolo e le piccole citazioni all’inizio di ogni capitolo della storia mi hanno insinuato: sarà il chiaro riferimento ad Ovidio o meno, ma ho la sensazione vi sia qualcuno che ha fatto credere al nostro cineasta neo-quarantenne di essere un poeta e lui ora si senta in dovere di fare cinema impegnato non realizzando di essere troppo giovane ed inesperto per riuscirci.
Ennio Flaiano amava ricordare che “Il cinema è l’unica forma d’arte nella quale le opere si muovono e lo spettatore rimane immobile.”, ed è Vissia ad accompagnarci con passione e sensibilità nelle mille sfaccettature di un’arte in movimento. Ma non solo. Una guida tout court, competente e preparata, amante della bellezza, che scrive con il cuore e trasforma le emozioni in parole. Dal cinema alla pittura, con un occhio vigile per il teatro e la letteratura, V. ci costringe, piacevolmente, a correre per ammirare un’ottima pellicola o una mostra imperdibile, uno spettacolo brillante o un buon libro. Lasciarsi trasportare nelle sue recensioni è davvero facile, perdersi una proiezione da lei consigliata dovrebbe essere proibito dal codice penale. Se qualcuno le chiede: ma tu da che parte stai? La sua risposta è una sola: “io sto con Spok, adoro l’Enterprise e sono fan di Star Trek”