Scopriamo quest’opera il primo giorno, in un giardino, dove si tengono le conferenze stampa. La situazione è curiosa al punto da spingerci a vedere un film che forse in prima battuta avremmo tralasciato e, data la menzione speciale ricevuta, oggi siamo contenti di averci dedicato del tempo.

La regista è giovane e bella, capace di stare sia davanti che dietro la macchina da presa, le sue opere precedenti sono state tutte accolte con benevolenza e il suo charme si diffonde per  tutta la sala stampa. Nessuno fa mistero di ciò ed i primi minuti sono tutti una profusione di complimenti per Mia Hansen – Love che piace e ne è cosciente e che indubbiamente da sola riempie la stanza anche se accompagnata dal cast. E ciò è di grande aiuto ai due giovanissimi protagonisti, soprattutto all’interprete femminile Lola Créton, sulle cui abilità sceniche nutriamo dubbi e che “in diretta” non ha retto e si è completamente imbambolata. È giovane… crescerà! Non si comprende però perché un ruolo tanto forte come quello di Camille sia stato affidato ad una bimba, inespressiva, che incarna il perfetto fastidioso prototipo della gatta morta.

Perché Camille è la vera ed unica protagonista di questa storia. La donna che vediamo sbocciare, dopo la fine del primo grande amore adolescenziale, quello impetuoso, insensato, che toglie il respiro e senza il quale non sembra si possa stare al mondo. Ma lui, Sullivan, il suo fidanzatino ha diciannove anni, l’età dei grandi viaggi con lo zaino in spalla in compagnia degli amici e un giorno, senza far alcun mistero, comunica la sua partenza, se ne va per un anno con gli amici (appunto) in giro per il Sud America. All’inizio si scrivono poi più nulla, come era ovvio che fosse. Lei soffre, è inconsolabile, tenta pure goffi gesti estremi e poi (alleluja) va avanti. Sempre triste in volto, espressione che non comprendiamo se sia l’unica che l’attrice sia in grado di  tenere oppure se sia voluta.

Trascorsa una decade, Camille incontra un uomo più grande, che le infonde fiducia e amore. Ricomincia una relazione (ed era anche ora!). Curiosamente però pare non importare a molti (neppure alla regista) che quest’uomo, che potrebbe essere suo padre, di fatto entri in scena quando il di lei padre divorzia dalla madre per mettersi con altra donna più giovane (punto che –ahinoi – non verrà mai sviluppato). Come vuole la migliore tradizione, un giorno qualunque, su un autobus, Camille incontra la madre di Sullivan, le lascia il numero di cellulare e i due amorini si rivedono, la passione riscoppia al punto che divengono amanti. Per neppure un momento a Camille passa per la testa di lasciare il suo compagno, forse perché in cuor suo sa che Sullivan era ed è ancora inaffidabile. Di sicuro ci spera e … Sullivan ri-sparisce. Nonostante inizialmente provi smarrimento Camille prosegue la sua vita di coppia con l’uomo maturo che le da tanta sicurezza e amore.

Parliamoci chiaro, dopo i primi venti/trenta minuti ritmati e che seguono una ben tratteggiata linea, il film perde mordente, irrompono sulla scena un sacco di esterni, di paesaggi accompagnati da silenzi e ronzii (l’eco-friendly è divenuto una moda?) che paiono riempitivi di un vuoto che non si sapeva come colmare. Il ritmo si affievolisce sino a spegnere l’interesse e tristemente ci accorgiamo che ciò pare sia voluto, che sia come l’autrice abbia deciso di cadenzare i due capitoli della vita di Camille. L’opera nel suo complesso diviene inesorabilmente lenta e si svuota del tutto e se a ciò aggiungiamo che l’attrice principale non convince, la passione non si percepisce mai neppure per un secondo e che il messaggio in sottofondo addirittura non mi piace, non rimane che la bocciatura.

Spero infatti di sbagliarmi, ma vedere una giovane che non ha passioni, non ha voglia di vivere, che si arrende senza mai lottare, che si adatta al meno peggio che le capita, beh non mi soddisfa e non mi piace che venga mandato un simile messaggio ai giovani la fuori in un’epoca già di crisi, non solo economica ma soprattutto sociale e dalla difficile socializzazione. La passione è l’unica vera spinta che ci fa VIVERE a pieno, quindi mai mollare, sempre provare perché, soprattutto a vent’anni, si  d e v e  essere impavidi!